Informazioni aggiuntive
Peso | 1 kg |
---|---|
Dimensioni | 21 × 30 cm |
A cura di | |
Anno | |
Autore | |
EAN | |
Formato | |
Pagine |
€15,30
L’approvvigionamento idrico e la gestione delle acque in epoca romana. Atti della Summer School «Hydraulic systems in the Roman world», promossa da Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e Gruppo di Studio sull’Idraulica Antica.
Peso | 1 kg |
---|---|
Dimensioni | 21 × 30 cm |
A cura di | |
Anno | |
Autore | |
EAN | |
Formato | |
Pagine |
Materiali della prima International Summer School hydraulic systems in the roman world (Feltre, 25-29 agosto 2014)
Aquam ducere, ovvero l’approvvigionamento idrico e la gestione delle acque sia in contesti urbani sia in insediamenti rurali: uno dei temi chiave per comprendere lo sviluppo della civiltà romana e ciò nonostante spesso uno dei meno valorizzati anche all’interno di tanti cantieri di scavo.
Un contributo alla sua conoscenza è ora dato dalla pubblicazione di Aquam ducere, volume che raccoglie gli atti della Summer School internazionale «Hydraulic systems in the Roman world», promossa a Feltre nell’Agosto 2014, con il patrocinio del Comune di Feltre, dal Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e dal Gruppo di Studio sull’Idraulica Antica che opera in seno al medesimo Dipartimento sotto la guida di Paola Zanovello.
Riprendendo l’impostazione del corso il libro si propone come uno strumento di supporto non solo a specialisti ma anche a chi compie i primi approcci a questo sfaccettato tema, da sempre riconosciuto come peculiare dello sviluppo della civiltà romana, benché non certo esente da debiti a civiltà precedenti.
Come annota Paola Zanovello nella presentazione del volume, «approvvigionamento idrico, immagazzinamento e distribuzione dell’acqua, fognature e bonifiche costituivano priorità assolute nell’organizzazione degli spazi abitati, infrastrutture indispensabili al pari delle strade». Non a caso, continua Zanovello «il tema dell’idraulica antica accomuna ogni area dell’impero romano, dalla Britannia al Nord Africa, dalla Spagna al settore danubiano-balcanico ed orientale, con scelte progettuali e tecnologiche simili, ma allo stesso tempo adattate alle peculiarità del territorio. Il patrimonio archeologico di tipo idraulico è consistente e diffuso in ogni area del territorio romanizzato compreso il Veneto, ma poco noto e generalmente non sufficientemente riconosciuto e preso in considerazione all’interno dei cantieri di scavo».
Questo libro si propone, quindi, di illustrare questi temi ad un pubblico proveniente da differenti itinerari di approfondimento e con un livello di conoscenza dell’argomento anche non approfondito, portando esempi che provengono da più parti dell’Italia e dell’Europa e trattando la materia in maniera organica, passando dal reperimento della risorsa idrica, alla sua gestione per arrivare – infine – allo smaltimento delle acque.
L’opera mantiene il carattere prettamente didattico del corso, pur con dei contenuti dall’alto valore accademico a firma di Italo Riera, Paola Zanovello, Rita Deiana, Fabrizio Frignani, Philippe Leveau, Cécile André-Chaze, Simone Mantellini ed Eugenio Tamburrino che è anche il curatore del libro. Alternando contributi di carattere metodologico ad altri che presentano alcuni significativi casi di studio, il volume propone un ragionato percorso dal generale al particolare, che aiuterà il lettore ad approfondire un tema che, nell’antichità come oggi, si pone come ineludibile per lo sviluppo di ogni civiltà e di ogni insediamento umano.
Il volume è una raccolta di riflessioni e di parole, le parole della montagna che diventano pensieri. Sono le parole delle ALBE fatte di silenzi. Sono le parole della NOTTE che ha ceduto con discrezione i suoi segreti al VENTO. Sono le parole delle ACQUE che gorgogliano frale ombre di un BOSCO pieno d’incanto. Sono le parole delle ferite inferte dall’uomo ai Monti e che ora raccontano struggenti vicende di una GUERRA non troppo lontana. Sono le parole dell’INVERNO che sigilla la ROCCIA in uno scrigno di diamanti. Sono le parole delle NUVOLE, scialli leggeri dispiegati a coprire le spalle di giganti di pietra: le MONTAGNE.
L’autrice spiega di “aver cercato di fermare il suo tempo nei pensieri che ha raccolto nel lungo cammino che l’ha portata a frugare fra le pieghe di roccia, nei cupi canali, nella luce sfolgorante del sole, nella bandiera turchina del cielo. Un piccolo ricordo per farle pensare che vivere “quassù” non è mai vivere soli e che ogni parola è dono prezioso.
Dopo “le scarpette di vernice” che ha tanto colpito e commosso, Viviana Vazza, di Longarone superstite della tragedia del Vajont torna a riprendere la penna in mano per consegnarci questa ” carezza alla memoria”, una sorta di riconciliazione con il doloroso passato. Ne esce un quadro molto bello: la storia di un luogo e di una comunità e la presentazione di personaggi di grande intensità. Nella sua presentazione il Professor Gioachino Bratti ex-sindaco di Longarone auspica che questo libro possa sfiorare chi legge queste pagine, soprattutto i giovani, per renderli partecipi di un passato ricco di valori e di insegnamenti.
Viviana Vazza nasce a Longarone: all’età di 16 anni si confronta con la tragedia del Vajont che stravolge completamente la sua vita. Nonostante il dolore, ha sempre cercato di trovare spunti per lenirlo e trova negli studi di psicodramma una forza per superarlo. Ha avuto una vita ricca, dipinge e considera la scrittura una “manna del cielo”
Questa non è una guida, questa non è una mappa, questo non è un libro. E’ la traduzione in testi, immagini e dati della magnifica traversata del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi editati da un gruppo di appassionati che le vivono, le percorrono e le amano.
Progetto nato dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano sezioni di Agordo, Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo e Val di Zoldo e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
Per contattarci: info@edizionidbs.it
Vivicomo – allegato del Corriere di Como (Corriere della Sera) – Aprile 2017 –
Tratto dall’articolo pubblicato su Vivicomo – allegato del Corriere di Como (Corriere della Sera) – Aprile 2017
…”Per sapere tutto su acquedotti, cisterne e canalizzazioni usati dai romani ovunque si insediarono, si rimanda ad Aquam ducere a cura di Eugenio Tamburrino, volume edito da Dbs di Seren
del Grappa (Bl) che raccoglie gli atti di un convegno organizzato a Feltre nel 2014 in collaborazione con l’ateneo patavino. Nel classificare strutture e tipi di approvvigionamento (tra i casi quello di Veleia, municipium romano presso l’odierna Lugagnano Val d’Arda, nel Piacentino) si va alle radici del “sapere idraulico” di area mediterranea. Un sistema di conoscenze tradotto in standard costruttivi e in strutture che erano segni tangibili del predominio umano sul territorio. Come rimarca il saggio di Paola Zanovello, è proprio il comasco Plinio il Vecchio nella Naturalis historia a ricordarci che piegare l’acqua ai propri voleri è elemento distintivo di ogni società organizzata”.