Informazioni aggiuntive
Peso | 0,382 kg |
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Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
Pagine |
€6,80
Esaurito
“E’ un caso che ha fatto discutere e battere i pugni. La Birreria Pedavena rischia la chiusura e per far sì che il 31 luglio 2005 la sbarra dello stabilimento si alzi ancora sono scesi in campo tutti: dai lavoratori ai sindacalisti, dai sindaci alla Regione sino ad arrivare ai parlamentari. La gran parte di questa storia, però, l’ha fatta la gente. Quei pedavenesi e feltrini in genere che nella Birreria vedono un simbolo, una fabbrica-paese nella quale specchiarsi.
Un pezzo di storia dell’imprenditoria e dell’economia ma anche del costume. Attorno alla fabbrica, al locale e al parco è girata la “dolce vita” come anche i destini di centinaia di famiglie legate a doppio filo alla birra diventata il sostentamento di tanti. Una protagonista nel Feltrino, ma anche nell’intera provincia di Belluno, che è stata, e speriamo lo sia ancora per il futuro, un motore di sviluppo. Se la Birreria cesserà di mescolare malto, acqua e luppolo e i dipendenti dovranno cercare un’altra occupazione, una sorta di mito cesserà di esistere. è per questo che in tantissimi hanno deciso di appoggiare la causa Birreria. Chi apponendo la propria firma sulla petizione, cartacea o via internet, lanciata dai lavoratori. Chi manifestando a Milano, di fronte alla sede di Heineken Italia. Chi fondando il Comitato Birreria Pedavena, nato con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione sul “caso Pedavena”. O chi invece, come il vescovo di Belluno-Feltre mons. Giuseppe Andrich, siglando anch’egli il documento pro-Birreria e facendo affiancare i dipendenti nella loro lotta dall’intera Chiesa locale.
E’ una protesta che ha fatto il giro dell’Italia, del Mondo. Una fabbrica-paese sana, con bilanci in attivo e frequenti premi per la qualità della birra prodotta. E la protesta ha iniziato a gridare allo scandalo. Tant’è che giornali, televisioni, radio e siti internet a più riprese hanno descritto il declino di una realtà produttiva diventata la “casa” dei feltrini. Una battaglia da appoggiare, costi quel che costi. Iniziata il 22 settembre 2004, quando Heineken ha annunciato la chiusura del sito di Pedavena per scarsa efficienza produttiva, e cresciuta via via in un processo sempre più dirompente che ha saputo appassionare un gran numero di persone.
Peso | 0,382 kg |
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Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
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“E’ un caso che ha fatto discutere e battere i pugni. La Birreria Pedavena rischia la chiusura e per far sì che il 31 luglio 2005 la sbarra dello stabilimento si alzi ancora sono scesi in campo tutti: dai lavoratori ai sindacalisti, dai sindaci alla Regione sino ad arrivare ai parlamentari. La gran parte di questa storia, però, l’ha fatta la gente. Quei pedavenesi e feltrini in genere che nella Birreria vedono un simbolo, una fabbrica-paese nella quale specchiarsi.
Un pezzo di storia dell’imprenditoria e dell’economia ma anche del costume. Attorno alla fabbrica, al locale e al parco è girata la “dolce vita” come anche i destini di centinaia di famiglie legate a doppio filo alla birra diventata il sostentamento di tanti. Una protagonista nel Feltrino, ma anche nell’intera provincia di Belluno, che è stata, e speriamo lo sia ancora per il futuro, un motore di sviluppo. Se la Birreria cesserà di mescolare malto, acqua e luppolo e i dipendenti dovranno cercare un’altra occupazione, una sorta di mito cesserà di esistere. è per questo che in tantissimi hanno deciso di appoggiare la causa Birreria. Chi apponendo la propria firma sulla petizione, cartacea o via internet, lanciata dai lavoratori. Chi manifestando a Milano, di fronte alla sede di Heineken Italia. Chi fondando il Comitato Birreria Pedavena, nato con l’obiettivo di tenere alta l’attenzione sul “caso Pedavena”. O chi invece, come il vescovo di Belluno-Feltre mons. Giuseppe Andrich, siglando anch’egli il documento pro-Birreria e facendo affiancare i dipendenti nella loro lotta dall’intera Chiesa locale.
E’ una protesta che ha fatto il giro dell’Italia, del Mondo. Una fabbrica-paese sana, con bilanci in attivo e frequenti premi per la qualità della birra prodotta. E la protesta ha iniziato a gridare allo scandalo. Tant’è che giornali, televisioni, radio e siti internet a più riprese hanno descritto il declino di una realtà produttiva diventata la “casa” dei feltrini. Una battaglia da appoggiare, costi quel che costi. Iniziata il 22 settembre 2004, quando Heineken ha annunciato la chiusura del sito di Pedavena per scarsa efficienza produttiva, e cresciuta via via in un processo sempre più dirompente che ha saputo appassionare un gran numero di persone.
Da parte sua “Il Gazzettino”, il quotidiano del Nord Est, ne ha seguito l’evoluzione passo dopo passo dando la parola a tutti. Sulle sue pagine sono state ospitate le posizioni dei lavoratori, dei sindacalisti, degli amministratori locali, dei politici. Non escludendo al contempo la multinazionale olandese della birra che, convinta della sua scelta, ha puntualmente potuto dire la sua. Notizie, fotografie, documenti che abbiamo pensato di riproporre in modo giornalistico. Chi leggerà “Una fabbrica-paese. Il caso Birreria Pedavena” dovrà idealmente immergersi in un grande quotidiano, comprendendo la sua tempistica e la relativa cronologia. Le date proposte saranno infatti quelle relative alle uscite in edicola de “Il Gazzettino” che, necessariamente, riporta le notizie il giorno successivo a quello in cui queste sono avvenute.”
Il volume è una raccolta di riflessioni e di parole, le parole della montagna che diventano pensieri. Sono le parole delle ALBE fatte di silenzi. Sono le parole della NOTTE che ha ceduto con discrezione i suoi segreti al VENTO. Sono le parole delle ACQUE che gorgogliano frale ombre di un BOSCO pieno d’incanto. Sono le parole delle ferite inferte dall’uomo ai Monti e che ora raccontano struggenti vicende di una GUERRA non troppo lontana. Sono le parole dell’INVERNO che sigilla la ROCCIA in uno scrigno di diamanti. Sono le parole delle NUVOLE, scialli leggeri dispiegati a coprire le spalle di giganti di pietra: le MONTAGNE.
L’autrice spiega di “aver cercato di fermare il suo tempo nei pensieri che ha raccolto nel lungo cammino che l’ha portata a frugare fra le pieghe di roccia, nei cupi canali, nella luce sfolgorante del sole, nella bandiera turchina del cielo. Un piccolo ricordo per farle pensare che vivere “quassù” non è mai vivere soli e che ogni parola è dono prezioso.
Dopo “le scarpette di vernice” che ha tanto colpito e commosso, Viviana Vazza, di Longarone superstite della tragedia del Vajont torna a riprendere la penna in mano per consegnarci questa ” carezza alla memoria”, una sorta di riconciliazione con il doloroso passato. Ne esce un quadro molto bello: la storia di un luogo e di una comunità e la presentazione di personaggi di grande intensità. Nella sua presentazione il Professor Gioachino Bratti ex-sindaco di Longarone auspica che questo libro possa sfiorare chi legge queste pagine, soprattutto i giovani, per renderli partecipi di un passato ricco di valori e di insegnamenti.
Viviana Vazza nasce a Longarone: all’età di 16 anni si confronta con la tragedia del Vajont che stravolge completamente la sua vita. Nonostante il dolore, ha sempre cercato di trovare spunti per lenirlo e trova negli studi di psicodramma una forza per superarlo. Ha avuto una vita ricca, dipinge e considera la scrittura una “manna del cielo”
Questa non è una guida, questa non è una mappa, questo non è un libro. E’ la traduzione in testi, immagini e dati della magnifica traversata del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi editati da un gruppo di appassionati che le vivono, le percorrono e le amano.
Progetto nato dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano sezioni di Agordo, Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo e Val di Zoldo e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
Per contattarci: info@edizionidbs.it
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