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Stagioni di Feltre

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La storia di Feltre e del feltrino dal secondo dopoguerra ad oggi raccontata attraverso gli scatti di un osservatore d’eccezione: Giovanni Frescura.

 

Scrive ad introduzione del volume Patrizia Rossi: “Questo libro è soprattutto un omaggio al bianco e nero e copre un arco di attività di mezzo secolo,dagli anni ’50 ad oggi, cogliendo molte e significative sfaccettature dell’autore. Sono immagini legate propriamente al Feltrino, alla città e al suo contado, ma anche alle terre lontane che hanno dato altra patria ai Feltrini, affrontando quindi principalmente la veste di testimone di Giovanni Frescura. Ma Frescura è stato un testimone eccellente, che ha saputo ridarci una realtà in cui l’intenzione documentaria si fonde e si confonde con l’unicità dell’immagine che scopre valenze artistiche”.

 

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Informazioni aggiuntive

Peso 1,857 kg
Dimensioni 24 × 29 cm
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Descrizione

La storia di Feltre e del feltrino dal secondo dopoguerra ad oggi raccontata attraverso gli scatti di un osservatore d’eccezione: Giovanni Frescura.

Scrive ad introduzione del volume Patrizia Rossi: “Questo libro è soprattutto un omaggio al bianco e nero e copre un arco di attività di mezzo secolo,dagli anni ’50 ad oggi, cogliendo molte e significative sfaccettature dell’autore. Sono immagini legate propriamente al Feltrino, alla città e al suo contado, ma anche alle terre lontane che hanno dato altra patria ai Feltrini, affrontando quindi principalmente la veste di testimone di Giovanni Frescura. Ma Frescura è stato un testimone eccellente, che ha saputo ridarci una realtà in cui l’intenzione documentaria si fonde e si confonde con l’unicità dell’immagine che scopre valenze artistiche”.

Le foto riprodotte provengono tutte da pellicola, cioè dal supporto tradizionale per questa disciplina. “L’unico – spiega Rossi – che abbia davvero valore e senso per Frescura. Tale valenza testimoniale non si pone comunque come assoluta, poiché è altrettanto certa la trasformazione che subiscono le apparenze ottiche della realtà durante il procedimento di fissaggio fotografico, tanto che si può ipotizzare che anche nella più “neutra” utilizzazione della fotografia come mezzo di riproduzione sia presente un certo quoziente di creatività da parte del fotografo, attraverso la scelta dell’inquadratura o dell’esposizione o ancora della messa a fuoco.

Tutto ciò sarà anche più vero trattandosi di un fotografo come Giovanni Frescura, che nulla lascia al caso o, se lo fa, è intenzionale, frutto di calcolata distrazione. Così ci capita di incontrare l’organista del Duomo, alla tastiera del Callido, personaggio noto e qui documentato, ma anche spostato nel medesimo tempo in un contesto simbolico: la posa, la luce speciale fatta di sfocature, il particolare attimo selezionato ne fanno una sorta di metafora della musica e dell’arte, afferrano il momento della trasfigurazione in cui davvero l’umano dice molto di più di se stesso.

Significative sono anche le numerose immagini relative all’ambiente politico locale, qui emblema di tutto quel lavoro testimoniale che l’autore ha effettuato delle fasi della politica feltrina. Le persone sono anche qui riconoscibili, sono “quelle” persone, ma ci raccontano atteggiamenti e consuetudini, equilibri e compromessi. Straordinaria quella in cui l’avvocato Vigna, capo dell’opposizione negli anni del secondo dopoguerra, conversa con il Sindaco Riva. Frescura lo coglie in una posa quasi goldoniana, in cui l’ammiccamento svela la realtà più quotidiana e condivisa da entrambi i protagonisti; è l’italianissimo balletto della politica.

Assistiamo ai consigli comunali degli anni ‘50, pieni del fermento democratico del dopoguerra, in cui sono riconoscibili diversi Feltrini, primo fra tutti il prof. Silvio Guarnieri, presente anche in due bei ritratti, che voglio qui ricordare e con il quale questa città ha un debito di riconoscenza per l’autorevole presenza culturale e per l’impegno civile.

Ma è ritratta anche la politica “in grande”, fatta di personaggi famosi: il presidente Gronchi in visita alla città e la di lui consorte con il giovane on. Fusaro, e ancora Saragat. Oltre all’aspetto laico compare frequente, perché frequentemente era presente, l’aspetto religioso, delle gerarchie, ma anche dei sacerdoti uomini, pieni di vigore o di mansuetudine, di deferenza o di consapevolezza, come nella splendida immagine dei due prelati a colloquio, di tizianesca costruzione. La vivacità dell’ambiente feltrino di allora è un’altra chiarissima evidenza delle foto di Frescura, come nella serie che ritrae le numerose mostre di pittura e d’arte in genere che si tenevano in città: Ocri, Palminteri, Milano, e le tante estemporanee, molte organizzate al Caffè Grande dal Circolo Artistico. Ma non solo. Memorabile il Teatro Verde in Birreria Pedavena nell’agosto 1957, con la compagnia del Piccolo di Milano a rappresentare “Arlecchino servo di due padroni” con il grande Moretti. O ancora l’illuminata figura di Carlo Scarpa in visita alla mostra “Abitare in campagna”, allestita a Palazzo Grassi, ma concepita e realizzata a Feltre, dalla coscienza civile di alcuni Feltrini di spicco, incubata in un ambiente sociale più consapevole della propria identità e più partecipe delle scelte di quanto non sia ora.

Feltre allora aveva la banda dei carabinieri, che si esibiva al caffè Grande, e Gabriele Franceschini nel febbraio 1956 portava la fiaccola delle olimpiadi invernali. Esisteva allora la Filodrammatica Feltrina che organizzava le sue rappresentazioni e Toti Del Monte era ospite di serate mondane del conte Cavarzerani nella villa di S. Fermo. A Feltre veniva il Padova di calcio (allora in serie A) in ritiro, la RAI riprendeva il torneo di tennis organizzato in Birreria Pedavena (Pietrangeli e Sirola). E ci passavano Bramieri, Enzo Tortora, Little Tony. Perfino, più tardi, il poeta Rafael Alberti.

Ci sono poi i luoghi della vita, che passa e si ripete, come l’avanti e indietro della corriera che va a Croce d’Aune, estate e inverno. I luoghi del lavoro, gli opifici importanti come la Metallurgica, la Birreria Pedavena, le tante officine artigiane. E i luoghi della gioia e dello spasso: i fondoni della Sonna vicino al ponte delle Corde, dove si giocava da piccoli o dove, a mezzanotte, dopo il ballo alla “Lucciola”, si faceva il bagno.

I momenti della celebrazione: i matrimoni, i funerali (Funerale dell’ing. Mario Luciani), le inaugurazioni. Anche gli avvenimenti importanti, positivi o tragici, che interessano la collettività: la littorina diesel, l’arrivo della corriera ad Arson e frazioni, la posa della prima pietra di Lattebusche, l’alluvione, la nascita dello IULM e la fondazione del CUF e della Famiglia Feltrina, così come le prime manifestazioni studentesche.

Ogni evento, ogni momento trova spazio nelle fotografie di Frescura, talvolta davvero con grande capacità trasfigurativa. Ecco allora le immagini di spettacoli circensi, del clown a cavallo, eroico, e degli splendidi acrobati, fermati a formare una crocifissione aerea, in cui la massa dei corpi si vanifica in un puro incrociarsi di linee. Tutti vivono una personale epopea, oltre il ruolo che rivestono. La quotidianità del lavoro si riscatta nella perfezione che il gesto raggiunge con la ripetitività. Vi sono poi i momenti legati ai lavori tradizionali (Lavori in campagna), in cui la dannazione del lavoro, della fatica, della gravità è letta quasi in chiave di epos, di quella grandezza che sola viene dall’accettazione del proprio posto nel mondo. La sagoma umana si ritaglia quasi in controluce sulla quinta di una montagna fortemente astratta, che dà quasi la sensazione di carta stropicciata, in una costruzione spaziale poco realistica e fortemente suggestiva.”

Editore: Agorà.

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