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Minatori della Valbelluna. Negli abissi di Mons-Borinage

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A settant’anni dalla firma del primo accordo tra Italia e Belgio (23 giugno 1946), che finirà per portare complessivamente circa 65.000 nostri connazionali in fondo alle miniere belghe, Bortoluzzi ripercorre le origini di un compromesso mai sufficientemente chiarito.

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Dimensioni 16 × 23 cm
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MINATORI DELLA VALBELLUNA. NEGLI ABISSI DI MONS-BORINAGE

La vicenda dei minatori italiani in Belgio torna a rivivere nel libro “Minatori della Valbelluna” di Arnelio Bortoluzzi, pubblicato con il patrocinio dell’Associazione Bellunesi nel Mondo. Il libro nasce anche per ragioni familiari – il suocero dell’autore visse l’esperienza in fondo alle miniere – ma per la sua stesura Bortoluzzi ha ricercato fonti storiche e testimonianze dirette.

Ne è risultato un racconto in cui la vicenda del protagonista, il bellunese Ugo Casal, diventa opportunità per documentare il contesto sociale, politico ed economico  in cui prese vita e si svolse la “tratta” dei minatori italiani.

copertina2A settant’anni dalla firma del primo accordo tra Italia e Belgio (23 giugno 1946), che finirà per portare complessivamente circa 65.000 nostri connazionali in fondo alle miniere belghe, Bortoluzzi ripercorre le origini di un compromesso mai sufficientemente chiarito. “Con questo patto– spiega l’autore – l’Italia si garantiva una fornitura di carbone da pagare a prezzo di mercato e in quantità proporzionata alla capacità produttiva dei minatori italiani trasferiti. Considerato che il carbone belga era il più caro d’Europa, è evidente in quale morsa il governo Italiano pose il Paese e i propri uomini. Non fu uno scambio tra manodopera e carbone, ma tra manodopera e garanzia di fornitura a pagamento legata alla produzione: una spada di Damocle che peserà sulla testa di una intera generazione di nostri connazionali”.

Solo pochi lavoratori italiani compresero realmente cosa accadeva. Per la maggioranza il Belgio rappresentò un’opportunità di futuro rosa come il colore dei manifesti con cui si invitavano gli uomini a diventare minatori. La storia di Ugo Casal, raccontata da Bortoluzzi, è paradigmatica di tante altre storie: l’entusiasmo e le promesse della partenza da casa, l’arrivo a Mons-Borinage, l’umiliazione e la delusione, la voglia di riscatto nonostante tutto.

Ugo Casal in Belgio troverà anche moglie, a differenza di tanti colleghi che preferiranno sposare donne dei propri paesi. Farà “carriera” diventando boutefeu, fuochino ovvero minatore con la responsabilità del minaggio, vivrà il dramma di perdere compagni in miniera, sopravvivrà all’abisso e alla morte per malattie a esso correlate. Solo il finale si differenzia da quello della maggioranza dei minatori italiani in Belgio: Ugo infatti vivrà per raccontare. Grazie al fisico forte e al tempestivo intervento di un medico, resisterà più a lungo della media dei minatori di fondo mina. Tornato in Italia nel 1963, morirà nel 2007 per l’aggravarsi delle condizioni legate alla silicosi.

Per permettere al lettore di comprendere meglio cosa davvero significò l’esperienza di fondo mina dei minatori italiani in Belgio, l’autore inserisce nella narrazione degli approfondimenti e delle note relative alla tecnica di minaggio, desunte da manuali di studio dei fuochini. Si tratta di documenti riservati ai soli addetti e che Ugo Casal custodì gelosamente e portò con sé al suo rientro in Italia.

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