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Montebelluna i giorni della Liberazione

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1943-1945 – Le testimonianze scritte del capo partigiano Antonio Colognese, del prevosto mons. Daniele Bortoletto e del campanaro Giovanni Bordin. “La Liberazione non ha mai goduto di grande stampa a Montebelluna. Le memorie di Antonio Colognese (1947) e il capitolo redatto dal Comitato di Liberazione locale che chiudeva “Cronaca Montebellunese” di Serena (1948) sono stati i soli esempi testuali destinati alla stampa per decenni. Di recente, possiamo contare sulla compilazione memoriale e sentimentale di Bruno Zamprogno e su qualche stampa fatta in casa. Eppure, il 25 aprile è stato ricordato ogni anno da partigiani, amministratori, autorità. E’ rimasto sulle labbra e nella mente di molti. Ha fatto ovviamente discutere, ha prodotto anche qualche mostra fotografica. Qualche anno fa un gruppo di ricerca ha dato vita a una serie di interviste ad alcuni testimoni dell’occupazione tedesca raccolte in supporti digitali e in dispensa. Periodicamente è stato organizzato anche qualche incontro pubblico. In un contesto segnato dai si dice e dalla congerie delle interpretazioni, dal non detto e dalle allusioni, quel che però è sinora mancato è stata la ricerca organica. Altrove non è stato così e cercare le ragioni per cui a Montebelluna non sia accaduto non ha molto significato in una premessa.”

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Informazioni aggiuntive

Peso 0,291 kg
Dimensioni 16 × 23 cm
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1943-1945 – Le testimonianze scritte del capo partigiano Antonio Colognese, del prevosto mons. Daniele Bortoletto e del campanaro Giovanni Bordin.

“La Liberazione non ha mai goduto di grande stampa a Montebelluna. Le memorie di Antonio Colognese (1947) e il capitolo redatto dal Comitato di Liberazione locale che chiudeva “Cronaca Montebellunese” di Serena (1948) sono stati i soli esempi testuali destinati alla stampa per decenni. Di recente, possiamo contare sulla compilazione memoriale e sentimentale di Bruno Zamprogno e su qualche stampa fatta in casa. Eppure, il 25 aprile è stato ricordato ogni anno da partigiani, amministratori, autorità. E’ rimasto sulle labbra e nella mente di molti. Ha fatto ovviamente discutere, ha prodotto anche qualche mostra fotografica. Qualche anno fa un gruppo di ricerca ha dato vita a una serie di interviste ad alcuni testimoni dell’occupazione tedesca raccolte in supporti digitali e in dispensa. Periodicamente è stato organizzato anche qualche incontro pubblico. In un contesto segnato dai si dice e dalla congerie delle interpretazioni, dal non detto e dalle allusioni, quel che però è sinora mancato è stata la ricerca organica. Altrove non è stato così e cercare le ragioni per cui a Montebelluna non sia accaduto non ha molto significato in una premessa. Il testo sui giorni della Liberazione a Montebelluna che viene ora presentato è solo l’inizio di un possibile itinerario di conoscenza.

Quella che viene presentata è infatti sostanzialmente un’antologia di fonti: quelle prodotte nel vivo dei fatti o immediatamente dopo gli stessi. La destinazione editoriale e la sua natura divulgativa ci hanno convinto che fosse prima necessario fornire una piccola collezione documentaria utile a inquadrare i contorni. Nella presentazione abbiamo perciò cercato di disegnare il contesto generale attraverso qualche embrionale scavo documentario. Si tratta in pratica dell’offerta di alcuni spunti e di indizi che richiederanno, in futuro, la costruzione di un vero percorso di ricerca. Alla scelta ha poi contribuito il carattere delle fonti: il partigiano, il parroco e l’uomo comune. Tre diverse personalità, tre diversi punti di vista, tre diverse formazioni, tre diverse funzioni. Il partigiano, laico e autonomo, Antonio Colognese, il pastore delle anime nel cuore del suo mandato, Daniele Bortoletto, il custode del cimitero e campanaro che assiste all’occupazione della città e allo svolgimento dei suoi drammi, Giovanni Bordin. Le piste da percorrere che tali fonti profilano sono numerose.

La ricerca di storia orale prima menzionata è una di queste. Le motivazioni dei giovani che si sottraevano ai bandi di arruolamento della Repubblica Sociale, l’organizzazione delle formazioni partigiane, il rapporto della popolazione con l’occupante, la specificità del Montebellunese rispetto a vicini contesti ben più laceranti, l’interazione tra autorità civili e religiose, il ruolo del cosiddetto attesismo e le dinamiche della mediazione tra le parti in lotta: questi ed altri ancora sono i percorsi che dovranno essere esplorati e battuti.”

 

 

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