Informazioni aggiuntive
Peso | 0,501 kg |
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Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
Autore | |
Anno | |
Formato | |
EAN | |
Collana |
€8,50
La Grande Guerra non fu solo il fronte su cui i soldati combatterono. Un ruolo fondamentale, anche se poco visibile e meno noto, lo ebbero le retrovie. Fu qui che si giocò una partita difficilissima, in cui capacità logistiche, organizzative e di ingegno di migliaia di uomini resero possibile una guerra impossibile. Questo è vero è più che mai per le Dolomiti. A raccontarlo, testimonianze alla mano, sono Walter Musizza, Giovanni De Donà e Giuseppe Teza in questo libro.
Peso | 0,501 kg |
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Dimensioni | 16,5 × 23,5 cm |
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Alla scoperta dei grandi apparati logistici e degli uomini che li realizzarono per rendere possibile una guerra impossibile sulle Dolomiti
La Grande Guerra non fu solo il fronte su cui i soldati combatterono. Un ruolo fondamentale, anche se poco visibile e meno noto, lo ebbero le retrovie. Fu qui che si giocò una partita difficilissima, in cui capacità logistiche, organizzative e di ingegno di migliaia di uomini resero possibile una guerra impossibile. Questo è vero è più che mai per le Dolomiti.
A raccontarlo, testimonianze alla mano, sono Walter Musizza, Giovanni De Donà e Giuseppe Teza nel libro “Tra fronte e retrovie. All’ombra delle Tre Cime”. La scelta delle Tre Cime è emblematica: questa zona che domina Auronzo e Val d’Ansiei, forse più di altre fu infatti teatro di un rapporto lungo e drammatico tra il nostro esercito e la popolazione locale, in cui i combattimenti più feroci e cruenti sostenuti dai nostri soldati al cospetto dei Monti Pallidi si intrecciarono ed interagirono con la vita civile di ogni giorno. Fu un legame forte, fatto di sofferenza fisica e morale, che finora nessuno aveva mai raccontato in modo così puntuale e con il supporto di un apparato fotografico di oltre 170 scatti in gran parte inedito.
Il libro, che si apre con una lunga introduzione storica sulla Grande Guerra, si articola in capitoli dedicati ciascuno a un particolare aspetto del conflitto: le comunicazioni, gli ospedali militari, l’attività aerea, i villaggi militari, i centri logistici, il cimitero, il cannone di Cason de la Crosèra…
Il risultato è un’istantanea di straordinaria intensità su come si viveva all’ombra del fronte e su come – militari e civili – operarono per la costruzione dell’immenso apparato logistico che l’esercito italiano organizzò ad Auronzo di Cadore e in tutta la Val d’Ansiei per alimentare il nostro sforzo offensivo in uno dei tratti di fronte dolomitico più difficili e contesi, quello compreso tra Monte Piana, Tre Cime e Forcella Giralba.
La preparazione al conflitto iniziò ben prima del 1915, addirittura fin dall’annessione del Veneto al Regno d’Italia nel 1866, quando il Cadore fu subito individuato dai nostri comandi come teatro principale di un prossimo confronto italo-austriaco, vale a dire di una contesa tecnologica e strategica, ma pure psicologica e morale, destinata a lievitare fino alla Grande Guerra.
Si trattò di una “guerra annunciata”, che costellò pazientemente, anno dopo anno, le montagne cadorine di forti, postazioni, osservatori, strade e sentieri. A questa lunga preparazione la popolazione partecipò attivamente, convinta che quella presenza militare potesse costituire, oltre che motivo di sicurezza, occasione di lavoro, di guadagno, di emancipazione sociale. Nessuno avrebbe potuto credere allora che i potenti cannoni che da Monte Tudaio e Col Vidal sembravano proteggere la Val d’Ansiei da ogni minaccia, si sarebbero palesati inutili, se non addirittura avversi, nell’ora della paura e del bisogno.
Quando la prima guerra mondiale veramente arrivò, scelse come teatri di lotta principali Monte Piana e le Tre Cime, e tra quelle pietre oggi il turista cerca e trova le tracce di una lotta che uomini e natura resero unica al mondo.
Ma quella gara d’alta quota, a sopravvivere prima ancora che a vincere, non sarebbe stata possibile per 29 lunghi mesi se l’intera Val d’Ansiei non si fosse trasformata fin dai primi giorni di mobilitazione in un autentico cantiere bellico che avviava al terribile fronte tutto il necessario per vivere, uccidere e morire. La Val Marzon divenne la via d’accesso principale al palco di lotta, il cordone ombelicale che inoltrava alla linea di fuoco armi, legname, viveri, ma soprattutto uomini di tutta Italia, molti dei quali poi rifecero all’inverso quello stesso tragitto, feriti in barella per essere ricoverati in un ospedaletto o già cadaveri in una cassa per venir sepolti in un cimitero, come quello di Cason de la Crosèra.
Pochi oggi salgono sul palcoscenico di Lavaredo seguendo la strada della Val Marzon e quel tramite nasconde ormai la grandezza e il valore delle fatiche qui profuse da soldati e civili. Poco o nulla esso ci parla oggi della grande teleferica, dei pazienti tornanti, delle postazioni per medi e grossi calibri, dei villaggi militari che ospitavano migliaia di uomini…
Il piccolo cimitero affonda le sue pietre nel bosco ed offre in premio a chi riesce a trovarlo una semplice croce con parole di pace difficili ormai da leggere.
Anche la piccola chiesa in legno, voluta dal Maggiore Ugo Cerletti e da don Giuseppe Lorenzon all’imbocco della valle, non c’è più e il suo ingegnoso carillon suona solo per chi ha memoria ed immaginazione. La vegetazione imperante ha cancellato quasi tutto di quella sistemazione logistica, che voleva perfettamente organizzati ospedali e dormitori, cucine e magazzini, mense e perfino palestre, tutto secondo una ferrea logica militare, che non disdegnava però aiuole curate e fontane copiose, quasi a sottolineare che quegli uomini obbedivano al dovere della crudeltà, ma amavano e ricercavano pur sempre i segni di una vita normale e pacifica.
Nell’imminenza del Centenario della Grande Guerra, ecco dunque per tutti coloro che già amano e frequentano gli itinerari più noti dello splendido comprensorio dolomitico cadorino, un’occasione per scoprire o riscoprire case e vie del paese che fu, la povertà dignitosa della sua gente, il sorriso dei suoi bambini scalzi con una gavetta in mano, tanti angoli oggi appartati e silenti, lungo sentieri desueti sui quali si avviarono allora migliaia di nostri soldati chiamati alla prova più drastica, all’ora più terribile della loro vita.
Un recupero della memoria che si giova anzitutto della forza esaustiva dell’immagine, ovvero del patrimonio fotografico lasciatoci in eredità da tanti protagonisti e pazientemente raccolto e conservato: istantanee talvolta ufficiali e magniloquenti, ma più spesso di vita quotidiana, di militari e di civili colti in momenti di riposo o di lavoro, di allegria o di sofferenza, capaci di disegnarci, nella loro verità struggente e in sinergica sinossi tra loro, ciò che fu Auronzo per i suoi abitanti e i suoi tanti “ospiti” in divisa durante il conflitto e talvolta ben prima di esso.
Il libro è stat0 realizzato con il patrocinio del Comune di Auronzo di Cadore
Walter Musizza, Giovanni De Donà, Giuseppe Teza, “Tra fronte e retrovie. All’ombra delle Tre Cime. I servizi logistici nella Grande Guerra”, ed. DBS Zanetti, 160 p., € 10 EAN 9788886955751
Il volume è una raccolta di riflessioni e di parole, le parole della montagna che diventano pensieri. Sono le parole delle ALBE fatte di silenzi. Sono le parole della NOTTE che ha ceduto con discrezione i suoi segreti al VENTO. Sono le parole delle ACQUE che gorgogliano frale ombre di un BOSCO pieno d’incanto. Sono le parole delle ferite inferte dall’uomo ai Monti e che ora raccontano struggenti vicende di una GUERRA non troppo lontana. Sono le parole dell’INVERNO che sigilla la ROCCIA in uno scrigno di diamanti. Sono le parole delle NUVOLE, scialli leggeri dispiegati a coprire le spalle di giganti di pietra: le MONTAGNE.
L’autrice spiega di “aver cercato di fermare il suo tempo nei pensieri che ha raccolto nel lungo cammino che l’ha portata a frugare fra le pieghe di roccia, nei cupi canali, nella luce sfolgorante del sole, nella bandiera turchina del cielo. Un piccolo ricordo per farle pensare che vivere “quassù” non è mai vivere soli e che ogni parola è dono prezioso.
Dopo “le scarpette di vernice” che ha tanto colpito e commosso, Viviana Vazza, di Longarone superstite della tragedia del Vajont torna a riprendere la penna in mano per consegnarci questa ” carezza alla memoria”, una sorta di riconciliazione con il doloroso passato. Ne esce un quadro molto bello: la storia di un luogo e di una comunità e la presentazione di personaggi di grande intensità. Nella sua presentazione il Professor Gioachino Bratti ex-sindaco di Longarone auspica che questo libro possa sfiorare chi legge queste pagine, soprattutto i giovani, per renderli partecipi di un passato ricco di valori e di insegnamenti.
Viviana Vazza nasce a Longarone: all’età di 16 anni si confronta con la tragedia del Vajont che stravolge completamente la sua vita. Nonostante il dolore, ha sempre cercato di trovare spunti per lenirlo e trova negli studi di psicodramma una forza per superarlo. Ha avuto una vita ricca, dipinge e considera la scrittura una “manna del cielo”
Questa non è una guida, questa non è una mappa, questo non è un libro. E’ la traduzione in testi, immagini e dati della magnifica traversata del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi editati da un gruppo di appassionati che le vivono, le percorrono e le amano.
Progetto nato dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano sezioni di Agordo, Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo e Val di Zoldo e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
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