Informazioni aggiuntive
Dimensioni | 14 × 21 cm |
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Autore | |
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Formato | |
Pagine | |
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Collana |
€12,75
Montello: da un reale fatto di cronaca un avvincente legal thriller di Giandomenico Mazzocato sul delitto che insanguinò il Veneto ad inizio Novecento. Punto di partenza è la morte di un bambino, Américo Gaigher, che viene trovato impiccato ai margini del bosco dove si era recato a rubare un po’ di legna. Delitto davvero o suicidio? Oppure morte accidentale?
Dimensioni | 14 × 21 cm |
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A quasi vent’anni dal suo fortunato romanzo di esordio, Il delitto della contessa Onigo, lo scrittore trevigiano Gian Domenico Mazzocato propone una vicenda accaduta su una collina trevigiana agli albori del secolo, nel profondo e miserabile Veneto che di lì a qualche anno sarebbe stato teatro del primo conflitto mondiale.
DELITTO SULLA COLLINA PROIBITA, rievoca un brutale episodio di cronaca nera: la morte di un bambino, Américo Gaigher, che viene trovato impiccato ai margini del bosco dove si era recato a rubare un po’ di legna. Delitto davvero o suicidio? Oppure morte accidentale?
L’inchiesta è difficile e si dipana tra l’omertà che scatta in un borgo di poche anime perduto nella foresta collinare e l’onestà di qualche testimone che vorrebbe raccontare quanto ha effettivamente visto.
Tra l’evento e il processo trascorrono parecchi mesi. Alla fine prevalgono i “non so” e i “non ricordo”. In effetti c’è un colpevole, indicato da mille indizi e anche da qualche testimonianza che si fa largo tra le tante, troppe reticenze. Si tratta di Santo Carlassara, un uomo violento e rozzo.
I tempi fisici del romanzo sono quelli del processo. Mazzocato, come è nella sigla della sua scrittura, procede ad un racconto rapido e serrato che si fa attraverso le cronache dei giornali e il diario di don Fervido, il parroco del piccolo borgo del Santo Angelo Custode dove è avvenuto il fatto.
Don Fervido, vera voce narrante dell’evento, ha un passato avventuroso alle spalle. Ha partecipato ai moti milanesi del 1898 e ha corso gli oceani a caccia di balene. La balena, il mostro, il leviatano che lo tormenta ogni notte in sogno. È lui il tormentato ago della bilancia di questa intricata condizione.
“Non si tratta solo di fare giustizia per la morte di Abele, ma anche di capire le ragioni di Caino. Perché il giorno dopo la sentenza si torna a vivere e nella vita paesana un equilibrio di convivenza bisogna pur trovarlo”, dice Mazzocato che contestualizza l’evento facendo respirare l’atmosfera di quell’epoca.
E nel contempo, come è tipico dei suoi modi narrativi, l’autore viaggia nei miti e nelle fole della terra veneta. Glielo consente soprattutto uno straordinario personaggio, la misteriosa Maria Ultima, un po’ strega, un po’ guaritrice e soprattutto la donna che aiuta le persone in agonia a morire.
Insomma quella che i sardi chiamano accabadora, colei che fornisce l’eutanasia a chi non ha più nulla da chiedere alla vita. E un po’ tutto il romanzo si pone come riflessione sui temi della vita, della morte, della giustizia, delle pulsioni profonde dell’animo umano. Con qualche sorpresa nel finale.
L’AUTORE
Gian Domenico Mazzocato (Treviso, 1946) ha iniziato a raccontare il profondo Veneto dei miti popolari, della miseria, dell’emigrazione, dello sfruttamento, venti anni fa con Il delitto della contessa Onigo (Premio Gambrinus Mazzotti). La sua narrativa si nutre della storia della sua terra e fa di lui uno degli indagatori e dei “contafole” più autentici e acuti di quello che è diventato il NordEst. I suoi libri “veneti”: Il bosco veneziano, Gli ospiti notturni, Il caso Pavan (finalista premio Chianti), Veneto oscuro, Le colline incantate, Il vino e il miele. Mazzocato racconta poi il Veneto del primo conflitto mondiale in una sua fortunata opera teatrale, Mato de guera che in questo 2014, anno centenario, conosce repliche in tutta Italia, dopo aver rappresentato, qualche mese fa, il nostro paese al festival internazione del teatro in Iraq. Proprio in questi giorni Mazzocato è stato premiato come miglior autore contemporaneo alla rassegna di prosa di Pesaro.
Mazzocato traduttore della grande storiografia latina di Tito Livio e Tacito oltre che dell’opera di Venanzio Fortunato.
È presidente emerito dell’Ateneo di Treviso, la più antica istituzione culturale della sua città essendo stata fondata da Napoleone 205 anni fa.
La sua opera è in www.giandomenicomazzocato.it.
Il volume è una raccolta di riflessioni e di parole, le parole della montagna che diventano pensieri. Sono le parole delle ALBE fatte di silenzi. Sono le parole della NOTTE che ha ceduto con discrezione i suoi segreti al VENTO. Sono le parole delle ACQUE che gorgogliano frale ombre di un BOSCO pieno d’incanto. Sono le parole delle ferite inferte dall’uomo ai Monti e che ora raccontano struggenti vicende di una GUERRA non troppo lontana. Sono le parole dell’INVERNO che sigilla la ROCCIA in uno scrigno di diamanti. Sono le parole delle NUVOLE, scialli leggeri dispiegati a coprire le spalle di giganti di pietra: le MONTAGNE.
L’autrice spiega di “aver cercato di fermare il suo tempo nei pensieri che ha raccolto nel lungo cammino che l’ha portata a frugare fra le pieghe di roccia, nei cupi canali, nella luce sfolgorante del sole, nella bandiera turchina del cielo. Un piccolo ricordo per farle pensare che vivere “quassù” non è mai vivere soli e che ogni parola è dono prezioso.
Dopo “le scarpette di vernice” che ha tanto colpito e commosso, Viviana Vazza, di Longarone superstite della tragedia del Vajont torna a riprendere la penna in mano per consegnarci questa ” carezza alla memoria”, una sorta di riconciliazione con il doloroso passato. Ne esce un quadro molto bello: la storia di un luogo e di una comunità e la presentazione di personaggi di grande intensità. Nella sua presentazione il Professor Gioachino Bratti ex-sindaco di Longarone auspica che questo libro possa sfiorare chi legge queste pagine, soprattutto i giovani, per renderli partecipi di un passato ricco di valori e di insegnamenti.
Viviana Vazza nasce a Longarone: all’età di 16 anni si confronta con la tragedia del Vajont che stravolge completamente la sua vita. Nonostante il dolore, ha sempre cercato di trovare spunti per lenirlo e trova negli studi di psicodramma una forza per superarlo. Ha avuto una vita ricca, dipinge e considera la scrittura una “manna del cielo”
Questa non è una guida, questa non è una mappa, questo non è un libro. E’ la traduzione in testi, immagini e dati della magnifica traversata del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi editati da un gruppo di appassionati che le vivono, le percorrono e le amano.
Progetto nato dalla collaborazione tra il Club Alpino Italiano sezioni di Agordo, Belluno, Feltre, Longarone, Oderzo e Val di Zoldo e il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi
Tutte le nostre spedizioni in Italia avvengono via corriere BRT. Per costi e termini di servizio clicca qui.
Per contattarci: info@edizionidbs.it
Mangialibri –
“È notte fonda quando una guardia forestale sorprende in flagrante un ragazzo che, violando la legge, si è introdotto nel bosco per rubare della legna: per uno sfortunato caso, quello che doveva essere un mero avvertimento sparato in aria si trasforma nel colpo che colpisce il giovane al collo, uccidendolo. Siamo ai primi del Novecento, e la tragedia scuote violentemente il piccolo borgo sulla sommità del Montello, come ben sa don Fervido, pastore delle anime di quella gente, che ogni anno si reca sul luogo della disgrazia, in solitudine, a celebrare una messa in ricordo dell’evento. Dal quale ci si sta appena riprendendo, e con fatica, quando un altro evento luttuoso – e parimenti tragico – si abbatte sulla comunità: nel bosco di proprietà di Santo Carlassara un bambino, Américo Gaigher, viene trovato impiccato. Omicidio? Suicidio? O si tratta di un malaugurato, orribile incidente?
Gran bel noir questo di Gian Domenico Mazzocato, basato su fonti documentarie (i diari di don Fervido, la “Gazzetta di Treviso”, riportate nel testo con impaginazioni e stili diversi), ricostruite in una narrazione che, di quando in quando, vira al gotico e ricorda le atmosfere claustrofobiche e gelide di La casa dalle finestre che ridono di Pupi Avati. Come nella figura di Maria Ultima, donna che “aiuta i moribondi a compiere l’estremo passo”. Ma si tratta a tutti gli effetti di una vicenda giudiziaria, il cui fine è fare luce – ammesso che la verità, in questi casi, esista davvero – sui responsabili e sui moventi; caratterizzato da un buon uso del dialetto locale e da una notevole aderenza al territorio e alle sue prerogative, soprattutto naturali”.
Recensione di Paolo Calabro su http://www.mangialibri.com
Il Messaggero –
“Da un fatto di cronaca il “Delitto sulla collina proibita”, nuovo legal thriller di Gian Domenico Mazzocato. A vent’anni dal fortunato “Il delitto della contessa Onigo” (anch’esso riferito ad una vicenda reale) lo scrittore propone ora un caso accaduto su una collina trevigiana agli albori del secolo. Siamo sempre nell’arretrato e povero Veneto che la penna del romanziere sa ripercorrere con efficacia e realismo, calando abilmente la lente d’ingrandimento. Il libro, edito da DBS Zanetti, rievoca un fattaccio di cronaca nera, avvenuto sul Montello nel borgo di Santo Angelo Custode, nel 1909: la morte del piccolo Américo Gaigher, trovato impiccato ai margini del bosco dove si era recato a rubare un po’ di legna. Un “giallo” che gravita attorno a tre domande: delitto, suicidio o morte accidentale? E a complicare la possibile soluzione, la cui chiave sta nel nome di tale Santo Carlassara, personaggio rude e violento, sta il comportamento omertoso della gente.
La presa del romanzo sta nella capacità narrativa di Mazzocato, già sperimentata su questo filone. Il racconto scorre nelle pagine di cronaca del tempo e nella memoria lasciata tra i fogli del diario di don Fervido, parroco del borgo teatro del delitto. «Ho conosciuto quel sacerdote – spiega Mazzocato – proprio grazie a quei suoi tre quadernetti dalla scrittura sbiadita, specchio di un carattere forte e complesso». Ma tutto non si esaurisce certo nella narrazione cronachistica. Perchè il pregio del romanzo risiede nell’abilità dell’autore che sa calare il suo lettore nell’atmosfera di un Veneto d’altri tempi la cui immagine ritrae attraverso personaggi quali la misteriosa “Maria Ultima”, che la vox populi voleva un po’ strega e un po’ guaritrice e soprattutto donna capace di aiutare gli agonizzanti a morire. Del resto tutto il libro gravita attorno a temi quali la morte, la vita e la giustizia e alle pulsioni che ne derivano sull’animo umano. «Con qualche sorpresa finale»…preannuncia Mazzocato”.
Recensione di Bruno De Donà su Il Messaggero – 16 dicembre 2014 http://www.ilmessaggero.it/pay/treviso_pay/lo_strano_delitto_sulla_collina_proibita_torna_mazzocato_un_legal_thriller-754293.html