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La fame e la memoria. Ricettari della Grande Guerra. Cellelagher 1917-1918

11,90

Grande Guerra: “Gli affamatissimi prigionieri riuscirono a realizzare un testo in grado di contendere all’ Artusi la palma del miglior Ricettario di cucina italiana mai scritto fino ad allora” John Dickie

Tra il dicembre 1917 e il gennaio 1918 il campo di prigionia di Celle, presso Hannover, venne occupato da 2921 graduati italiani, ufficiali e sottoufficiali fatti prigionieri durante la rotta di Caporetto che, dopo giorni e giorni di viaggio, giunti stremati a Cellelagher furono abbondanati a se stessi e dovettero affrontare con mezzi del tutto inadeguati il freddo e la fame…. Così, durante il lungo inverno 1917-1918, i prigionieri passavano i giorni perlopiù coricati, economizzando le energie, aspettando con ansia l’ora della mensa…”

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Informazioni aggiuntive

Peso 0,487 kg
Dimensioni 17,5 × 24 cm
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Grande Guerra: “Gli affamatissimi prigionieri riuscirono a realizzare un testo in grado di contendere all’ Artusi la palma del miglior Ricettario di cucina italiana mai scritto fino ad allora” John Dickie

Tra il dicembre 1917 e il gennaio 1918 il campo di prigionia di Celle, presso Hannover, venne occupato da 2921 graduati italiani, ufficiali e sottoufficiali fatti prigionieri durante la rotta di Caporetto che, dopo giorni e giorni di viaggio, giunti stremati a Cellelagher furono abbandonati a se stessi e dovettero affrontare con mezzi del tutto inadeguati il freddo e la fame…. Così, durante il lungo inverno 1917-1918, i prigionieri passavano i giorni perlopiù coricati, economizzando le energie, aspettando con ansia l’ora della mensa…

In altre baracche il gioco quasi saporito di rimemorare i cibi di casa e della vita civile prende letteralmente corpo nei quaderni dei prigionieri. Giuseppe Chioni e Giosuè Fiorentino, ognuno per conto suo, si fanno promotori di una raccolta di ricette interpellando i compagni di baracca. E dallo scambio reciproco di ricordi, rimpianti e desideri come scrive il sottonenete Chioni introducendo il quaderno intitolato all’ Arte culinaria, sono nati i ricettari che qui pubblichiamo”.

Frutto entrambi di un’impresa collettiva, quello compilato da Giuseppe Chioni rivela
un lavorío anche formale, un sapere grafico, un’intenzione comunicativa, mentre
i due quaderni di Giosuè Fiorentino, rimasti a livello di prima stesura, rimarcano,
nelle diverse grafie, la paternità multipla.

La novità sorprendente dell’Arte culinaria e del Ricettario culinare, già con forza
rilevata da John Dickie nella sua storia della cucina italiana, è che sono ricettari
davvero nazionali, assai più rappresentativi delle diversità regionali della Scienza
in cucina dell’Artusi che prediligeva la fascia centrale a cavallo degli Appennini,
dalla Toscana all’Emilia Romagna8. Chioni e Fiorentino, il primo genovese e il
secondo siciliano, mettono insieme ricette che provengono dal nord come dal
sud, dal Piemonte come dall’Abruzzo o dalla Puglia, dal Veneto come dalla Sardegna:
un compendio di gran lunga superiore, secondo John Dickie, alle lacunose
raccolte pubblicate nel primo decennio del secolo.

Migliori, i testi di Chioni e Fiorentino, per ricchezza gastronomica, per rappresentatività e migliori perché più “democratici”, volendo mescolare i piatti più raffinati con quelli più poveri di provenienza contadina.

È quindi con particolare soddisfazione che pubblichiamo i tre ricettari introdotti
dalle riflessioni di Fabio Caffarena, ricercatore universitario e coordinatore dell’Archivio
ligure della scrittura popolare, dove è conservato il testo di Giuseppe Chioni,
e di Annarita Caputo, nipote di Giosuè Fiorentino”.

 

Illustrazioni: b/n

Libreria Agorà Editrice.

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